Plusvalenze Juventus sotto indagine

L’indagine riguarda operazioni relative a plusvalenze sospette

La Guardia di Finanza indaga sui bilanci della Juventus dal 2019 al 2021

Ancora una volta, l’Ufficio della Procura indaga sul calcio: dopo Robinho, Ferrero e Miccoli, anche la Juventus entra nel mirino dei P.M.

Prisma” è l’indagine avviata nel maggio del 2021 dalla Procura di Torino nei confronti della Juventus Football Club.

I principali indagati sono il Presidente Agnelli, Pavel Nedved, Fabio Paratici ed anche l’avvocato Cesare Gabasio.

La Guardia di Finanza è stata incaricata “di reperire documentazione ed altri elementi relativi agli anni dal 2019 al 2021.

Le indagini sono volte all’accertamento di ipotesi di reato di false comunicazioni delle società quotate ed emissioni di fatture per operazioni inesistenti. È altresì ipotizzato il profilo di responsabilità amministrativa da reato, previsto qualora una persona giuridica abbia tratto vantaggio dalla commissione di taluni specifici illeciti”.

Il sistema delle plusvalenze sospette

L’indagine si è focalizzata sulle plusvalenze definite “sospette”, per circa 282 milioni di euro, somma maturata con operazioni di scambio “connotate da valori fraudolentemente maggiorati”. 

Le plusvalenze sarebbero state utilizzate in modo distorto come strumento “salva bilanci”.

Sono operazioni “a specchio”: non si verificano movimenti di danaro, i club si scambiano calciatori con la stessa valutazione maggiorata, per poi inserire in bilancio un valore più alto.

Servono a mascherare perdite, a migliorare le finanze del club, per aggirare i vincoli di correttezza gestionale e mantenere i requisiti per l’iscrizione ai campionati.

Il reato di false comunicazioni sociali

Il reato di false comunicazioni sociali delle società quotate è disciplinato dall’art. 2622 del codice civile. 

La norma in esame tutela il bene giuridico dell’informazione societaria nei suoi parametri di veridicità, trasparenza e compiutezza.

Punisce coloro “[…] i quali [….] nei bilanci, o altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico consapevolmente espongono fatti materiali non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo […].

La pena va da un minimo di anni 3 ad un massimo di anni 10.

La Juventus sotto indagine

Anche la società calcistica come ente è stata iscritta nel registro degli indagati per il reato previsto dall’art. 25 ter (Reati societari) del D.Lgs. n. 231/2001.

“1. In relazione ai reati in materia societaria previsti dal codice civile, si applicano all’ente le seguenti sanzioni pecuniarie:

b) per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2622 del codice civile, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote.”

Infatti, qualora la Procura dovesse ritenere sussistenti i requisiti previsti dall’art. 5 del D.Lgs. 231/2001, anche la società risponderebbe dell’illecito dipendente da reato.

In particolare, dovrà rispondere se:

  • dalle condotte delittuose ha conseguito un interesse o un vantaggio;
  • il reato presupposto rientra nel catalogo dei reati previsti dal D.Lgs. 231/2001;
  • l’organo dirigente non ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
  • non ha affidato a un organismo dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento;
  • vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo;
  • il reato presupposto è stato commesso da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente.

Per conoscere i Modelli 231 e l’organismo di vigilanza, clicca sul link e

Il reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti

L’art. 8 del D.lgs.  74/2000 punisce chiunque emetta o rilasci fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

L’art. 8 del D.lgs. 74/2000 prevede: “è punito con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni chiunque, al fine di consentire l’evasione delle imposte […], emette o rilascia fatture o altri documenti per operazioni inesistenti.

Dichiarazione fraudolenta

L’art. 2 del D.Lgs. 74/2000 punisce chiunque, al fine di evadere le imposte […] usando fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica elementi passivi fittizi.

A differenza dell’art. 8, la norma sanziona la condotta di chi utilizza fatture o altri documenti per dichiarare passività inesistenti per di ridurre fraudolentemente l’imponibile oggetto del prelievo fiscale.

Secondo la Cassazione, quindi, è indifferente che la documentazione falsa provenga dallo stesso autore della dichiarazione piuttosto che da terzi.

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