La famiglia Misseri coinvolta nell’omicidio Scazzi. Lo zio Michele è libero?
La Cassazione, nel febbraio 2017, ha confermato la penale responsabilità nei confronti di Sabrina Misseri e Cosima Serrano per l’omicidio di Sarah Scazzi.
Le due donne, madre e figlia, sono state condannate all’ergastolo per omicidio volontario.
Lo “zio” Michele Misseri è stato invece condannato ad 8 anni di reclusione per occultamento di cadavere e inquinamento delle prove relative al delitto.
Divenute definitive le condanne, la famiglia Misseri cerca di ottenere benefici penitenziari o le misure alternative alla pena detentiva.
L’omicidio Scazzi: il caso di cronaca
Il 26.08.2010 Sarah Scazzi aveva programmato di trascorrere il pomeriggio con la cugina Sabrina Misseri al mare.
Quel pomeriggio, invece, Sarah Scazzi è scomparsa.
Sarah Scazzi è scesa dalla propria abitazione per recarsi all’abitazione degli zii Michele Misseri e Cosima Serrano: 600 metri sono stati sufficienti per far perdere le proprie tracce.
La mamma di Sarah, Concetta Serrano, denunciò la scomparsa della minore la sera stessa.
Scazzi – Misseri: il coinvolgimento dello zio nell’omicidio
Dopo un mese lo zio Michele Misseri ritrovò il cellulare della Scazzi in un uliveto di sua proprietà.
Dopo essere stato sentito diverse volte dagli inquirenti, il 06.10.2010 Misseri confessó di aver ucciso Sarah con una corda all’interno del suo garage.
L’uomo aggiunse anche di aver abusato della nipote dopo averle tolto la vita per poi gettare il corpo in un pozzo.
Misseri, sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, cambió la versione resa in sede di confessione e coinvolse la figlia Sabrina Misseri.
L’omicidio Scazzi e il fermo di Sabrina Misseri
Michele Misseri coinvolse la figlia nell’omicidio della cugina dichiarando che la figlia aveva litigato con Sarah per un ragazzo proprio il giorno prima del delitto.
Sabrina Misseri fu condotta in carcere con l’accusa di omicidio volontario.
Omicidio Scazzi: coinvolta anche Cosima Serrano
Dopo quasi un anno, le indagini portarono all’arresto della moglie di Michele Misseri, Cosima Serrano, accusata di concorso in omicidio e sequestro di persona.
Secondo gli inquirenti, la donna avrebbe aiutato Sabrina ad uccidere la ragazzina spinta dall’astio nei confronti della sorella e dalla nuova rivalità tra la figlia 22enne e la vittima.
La dinamica dell’omicidio Scazzi
L’astio avrebbe portato la 22enne ad aggredire e uccidere Sarah all’interno della propria abitazione con l’ausilio di una cintura.
Dopo l’omicidio, lo zio Michele ha portato il corpo in garage e lo ha fatto successivamente sparire.
Le condanne della famiglia Misseri
Sabrina Misseri e Cosima Serrano stanno quindi scontando il c.d. “fine pena mai”: l’ergastolo.
Lo zio Michele Misseri, invece, una pena detentiva più breve: 8 anni di reclusione.
Omicidio Scazzi: Sabrina Misseri ed il permesso negato
Dopo 11 anni, Sabrina Misseri ha avanzato una richiesta di permesso premio al Magistrato di Sorveglianza.
Il permesso premio è stato rigettato ed è stato proposto reclamo dinanzi al Tribunale di Sorveglianza di Taranto che, però, non ha ribaltato la decisione.
La Corte di Cassazione ha confermato la decisione rigettando il ricorso.
La difesa di Misseri ha sottolineato il positivo percorso penitenziatrio svolto da Sabrina all’interno dell’istituto detentivo, sintomatico del percorso di rieducazione intrapreso dalla stessa.
I giudici, invece, hanno ritenuto Sabrina Misseri non meritevole di questo beneficio in quanto “rifiuta di assumersi la responsabilità dell’omicidio per il quale è stata condannata“.
La mancanza di una “rivisitazione critica” del suo “pregresso comportamento deviante” attesta la sua pericolosità sociale.
Omicidio Scazzi: Michele Misseri libero grazie al permesso premio
Anche Michele Misseri ha chiesto la concessione dei benefici penitenziari.
Il Tribunale di sorveglianza di Lecce ha pero rigettato la richiesta delle misure alternative.
I Giudici hanno ritenuto opportuno che l’uomo inizi prima un percorso di ritorno alla realtà attraverso brevi periodi fuori dalla struttura penitenziaria.
Questa la motivazione: “il collegio ritiene utile e opportuno sperimentare la capacità del sig. Misseri di avviare un percorso rieducativo in esternato in autonomia, mediante concessione di brevi permessi premio”.
La valutazione inerente le misure alternative sarà posticipata solo alla fine di questo percorso.
A sostegno del rigetto della misura della detenzione domiciliare vi sarebbe l’inidoneità dell’abitazione.
La villetta di via Deledda sarebbe priva di servizi essenziali come l’acqua e l’energia elettrica, e si troverebbe in pessime condizioni igieniche.
Pare, inoltre, che l’abitazione sia sotto sequestro e, pertanto, assolutamente inidonea.
La rieducazione in carcere di Misseri
L’Equipe trattamentale del carcere ha evidenziato il percorso di zio Michele.
“Comportamento ineccepibile, è un detenuto modello” si legge nelle relazioni comportamentali.
Attualmente lavora come falegname ed ha seguito un corso di artigianato, ha conseguito il diploma di terza media, e mantiene un “atteggiamento disponibile e collaborativo”.
La condotta carceraria sarebbe regolare e caratterizzata anche da gesti di altruismo verso altri detenuti.
L’Equipe ha peró altresi rilevato come Michele Misseri continui ad autoaccusarsi di gravissimi delitti che le sentenze non gli attribuiscono.
La disciplina del permesso premio
L’art. 30 ter o.p. prevede la possibilità per i detenuti di coltivare interessi affettivi, culturali e di lavoro all’esterno del carcere.
Il permesso puó avere una durata non superiore a 15 giorni.
La durata complessiva dei permessi non può superare 45 giorni in ciascun anno di espiazione.
Permesso premio: i requisiti
Per poter accedere al beneficio, però, i detenuti devono aver tenuto una regolare condotta e non devono essere ritenuti socialmente pericolosi.
Al fine della concessione del permesso deve essere altresì valutato il periodo di detenzione gia espiato. Il permesso è concesso:
- ai condannati alla reclusione superiore a 3 anni, dopo l’espiazione di almeno 1/4 della pena;
- per i detenuti alla reclusione per i reati indicati nel comma 1 dell’art. 4 bis, dopo l’espiazione di almeno metà della pena e, comunque, di non oltre 10 anni;
- agli ergastolani, dopo l’espiazione di almeno 10 anni.
I limiti alla concessione del permesso
I detenuti e gli internati per reati associativi (416 bis e 630 c.p., art. 74 D.P.R. 309/90) possono avere i permessi premio solo se:
- collaborano con la giustizia;
- se la collaborazione risulta impossibile perché tutte le circostanze del reato sono già state accertate.
Di recente, però, la Corte Costituzionale è intervenuta in tema di collaborazione.
La preclusione relativa alla concessione dei benefici era connessa ad una presunzione assoluta per la quale, senza collaborazione con la giustizia, doveva ritenersi che il condannato certamente mantenesse collegamenti con i gruppi criminali di riferimento, segnale manifesto di elevata pericolosità sociale.
Con la sentenza n. 253/2019, però, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4 bis, comma 1 o.p
“Nella parte in cui non prevede che, ai detenuti per i delitti di cui all’art. 416 bis c.p. e per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni in esso previste, possano essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58-ter del medesimo ordinamento penitenziario”.
Questa preclusione, un tempo assoluta, diviene, quindi relativa allorché siano stati acquisiti elementi tali da escludere, sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
Successivamente, la Corte ha esteso la dichiarazione di incostituzionalità anche ai detenuti per gli altri delitti contemplati nell’art. 4 bis, comma 1 o.p. con la sentenza n. 263 del 2019.
Ai detenuti e gli internati per altri reati gravi possono essere concessi i permessi premio solo se non vi sono elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva.
Chi è evaso, oppure ha avuto la revoca di una misura alternativa, non può avere i permessi premio per 3 anni.
L’istanza di concessione dei permessi
L’organo competente per la decisione è il Magistrato di Sorveglianza territorialmente competente sull’istituto di pena nel quale il condannato si trova.
La decisione si fonda sulle informazioni ottenute dall’autorità di pubblica sicurezza, dall’amministrazione penitenziaria e dall’equipe di esperti del carcere.
La decisione è adottata con provvedimento motivato.
Il provvedimento soggetto al reclamo dinanzi al Tribunale di Sorveglianza.