Rapina aggravata: scarcerato imputato

Lo Studio Legale AMP ha ottenuto la sostituzione della misura cautelare in carcere per un proprio assistito accusato di rapina aggravata (art. 628, commi 1 e 3 n.1 e 99 c.p.).

Nonostante fosse coinvolto in una complessa vicenda giudiziaria e contemporaneamente imputato in un altro procedimento, i professionisti dello Studio sono riusciti ad ottenere la scarcerazione.

Il reato di rapina aggravata e la vicenda giudiziaria dell’imputato

È bene precisare che chiunque commetta il reato di rapina aggravata rischia pene severissime, che possono arrivare fino a venti anni di reclusione.

Il nostro assistito era imputato anche in un altro procedimento penale.

In tale sede gli era stato consentito di intraprendere un percorso terapeutico per combattere il suo stato di tossicodipendenza ed ammesso alla misura prevista dall’art. 89 D.P.R. 309/90.

Successivamente, nella stessa indagine, il PM richiedeva una nuova misura in carcere che, anche se non accolta dal GIP, veniva appellata al Riesame.

Non senza stupore, il Riesame accoglieva la richiesta di custodia cautelare in carcere e successivamente al Ricorso per Cassazione.

La strategia difensiva utilizzata per la richiesta di scarcerazione

I professionisti dello Studio Legale AMP hanno però fatto emergere come sia il Pubblico Ministero che il Tribunale del Riesame avevano omesso di valutare il reale e concreto percorso intrapreso dall’assistito.

Percorso che doveva essere valutato soprattutto in relazione all’attualità delle esigenze cautelari che, dopo un anno dalla commissione del reato, potevano ritenersi molto affievolite.

Infatti l’assistito, quando era stato sottoposto alla misura di cui all’art. 89 D.P.R. 309/90 nel primo e diverso procedimento, aveva sempre rispettato tutte le prescrizioni imposte, dando prova di voler superare definitivamente i problemi di tossicodipendenza.

Ed era proprio su queste basi che era stato nel frattempo collocato presso una Comunità Terapeutica Residenziale.

A quel punto, anche per il Gip è stato abbastanza evidente come l’interruzione del programma terapeutico, espressamente proibito dalla Legge, avrebbe potuto pregiudicare il completo recupero.

Perché rivolgersi ad uno Studio specializzato

Grazie alla comprovata esperienza e alla specializzazione nei reati contro la persona, gli avvocati dello Studio Legale AMP hanno dimostrato che le esigenze di cura dell’indagato prevalevano nella scelta della misura cautelare da applicare.

In particolare, hanno scelto quella della Comunità terapeutica perché l’assistito stava seguendo un percorso terapeutico per combattere la tossicodipendenza. Inoltre, hanno dimostrato che le esigenze cautelari non erano attuali poiché l’assistito era praticamente ristretto da quasi un anno.

Il Giudice per le Indagini Preliminari, pertanto, ha emesso un’ordinanza di sostituzione della misura cautelare, ordinando la scarcerazione dell’assistito e la ripresa del percorso terapeutico all’interno della comunità.

Lo Studio Legale AMP si è dimostrato in grado di ottenere la sostituzione della misura cautelare più severa che può essere applicata ad un indagato, ovvero la custodia cautelare in carcere.

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