Rapina aggravata e lesioni: scarcerato

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Lo Studio Legale AMP ha ottenuto dal Gip presso il Tribunale di Milano, una ordinanza di revoca della misura cautelare “perché risultava minato il quadro di gravità indiziaria a carico dell’indagato”, in un procedimento penale in cui difendeva un suo assistito dall’accusa di tentata rapina aggravata e lesioni in concorso (art. 56, 110, 628, commi 1 e 3 n.1 e 99 c.p. – art. 110, 582 e 585 61 comma 1 n.2 c.p.). Rapina aggravata e lesioni: scarcerato

Il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Milano, in sede di valutazione di revoca della misura cautelare, ha quindi scarcerato l’indagato, nonostante la gravità dell’accusa, ordinandone l’immediata liberazione.

Chiunque commetta questo reato rischia pene severissime, che possono arrivare fino a venti anni di reclusione.

Il capo di imputazione di rapina aggravata e lesioni

L’imputato – difeso da uno degli avvocati dello studio – doveva affrontare un processo insieme ad un altro soggetto

“…del reato previsto e punito dagli artt. 56, 110, 628, commi 1 e 3 n.1 e 99 c.p., perché per procurare a se un ingiusto profitto, minacciando Tizio con la pistola nonché a seguito del rifiuto della persona offesa di consegnare l’orologio marca Rolex modello Daytona, colpendo la vittima col calcio della pistola sulla nuca e sulle gambe Sempronio compiva atti idonei e diretti in modo non equivoco ad impossessarsi del predetto orologio di valore…
Con l’aggravante di aver commesso la violenza con armi e più persone riunite
Con la recidiva specifica infraquinquennale
”.

“del reato previsto e punito dagli artt. 110, 582, 585, 61 comma 1 n. 2 c.p. perché al fine di commettere il reato di cui al capo che precede, causavano lesioni personali consistite in traumi da calci e pugni regine arti superiori, trauma facciale con escoriazione multiple mucosa orale, alterazioni occlusali con verosimile edema articolazione temporo mandibolare bilaterale” con prognosi di 15 giorni”
Con l’aggravante di aver commesso il reato con le armi
, di aver commesso il reato con più persone riunite e di aver commesso il reato al fine di commettere il reato che precede.

La strategia difensiva per la scarcerazione

La strategia difensiva dello Studio è stata quella di dimostrare che non vi era nessuna prova concreta che il nostro assistito avesse commesso quei fatti e che quanto raccolto dall’accusa non era sufficiente per tenerlo in regime di custodia cautelare.

Inoltre, i nostri avvocati hanno dimostrato che la presenza dell’imputato non era nemmeno ascrivibile al contesto nel quale erano stati commessi i reati così come contestati.

Infatti, l’istanza di revoca della misura dei nostri professionisti era stata presentata a seguito delle risultanze sugli accertamenti effettuati sul DNA isolato sui campioni di materiale biologico repertati, che avevano fornito esito negativo.

In pratica, all’esito di questi accertamenti, il DNA non si conciliava con il riconoscimento, anche se effettuato con assoluta certezza dal teste oculare presente ai fatti, e non collimava con quello del soggetto assistito dai professionisti dello Studio: l’indagato era, nella sostanza, con tutta probabilità estraneo a quanto gli veniva contestato.

Tutte le fonti di prova contro il nostro assistito sono state immediatamente ritenute dai nostri professionisti, non adeguate motivare la necessità della misura cautelare custodiale in carcere.

Il Giudice per le Indagini Preliminari ha dovuto necessariamente emettere una ordinanza di revoca della misura cautelare applicata.

Lo Studio Legale AMP, grazie alla comprovata esperienza dei suoi avvocati, altamente specializzati nelle tematiche riguardanti i reati contro la persona, è riuscito così ad ottenere la revoca della misura cautelare più severa che può essere applicata ad un indagato: la custodia cautelare in carcere.

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