Assoluzione per particolare tenuità del fatto: la Corte Costituzionale amplia i casi di applicabilità.

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Particolare tenuità del fatto: la Corte Costituzionale amplia i casi di assoluzione.

La Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 156 del 21 luglio 2020 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 131-bis del codice penale nella parte in cui non consente l’applicazione dell’esimente della particolare tenuità del fatto per i reati per i quali non è previsto un minimo edittale di pena detentiva ma è stabilito un massimo edittale superiore ai cinque anni allargando, di fatto, le maglie dell’astratto riconoscimento di detto istituto.

Invero, il Tribunale ordinario di Taranto ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’articolo 131-bis in relazione agli articoli 3 e 27 comma 3 della Costituzione inquadrando la violazione nella impossibilità di applicare la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto alla fattispecie di reato prevista dall’articolo 648 comma 2 del codice penale: la ricettazione di particolare tenuità.

Nel caso di specie, l’applicazione dell’articolo 131-bis sarebbe impedita dalla previsione al secondo comma dell’articolo 648 del codice penale di un massimo edittale eccedente i cinque anni di reclusione (nel caso di specie anni 6).

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Tuttavia, non essendo previsto un minimo edittale per l’ipotesi di ricettazione attenuata, vige l’operatività del minimo assoluto di quindici giorni di reclusione: è pertanto un giudizio di scarsissimo disvalore che il legislatore ha formulato in riferimento alle meno offensive tra le condotte di ricettazione.

Per questo motivo, a prescindere dal caso specifico che aveva ad oggetto il reato di ricettazione attenuata, la Corte Costituzionale ha ritenuto irragionevole che la causa di esclusione della punibilità di cui all’articolo 131-bis del codice penale non potesse trovare applicazione ad ipotesi di illecito talmente poco offensive per le quali non è previsto un minimo edittale, contro condotte alle quali tale esimente è applicabile per cui il legislatore ha formulato un giudizio di disvalore decisamente più severo.

Per giunta, detta infondata esclusione appare ancor più illogica se paragonata ad ipotesi delittuose nettamente più gravi: ad esempio l’appropriazione indebita, che prevede una pena da due a cinque anni di reclusione, il furto, da 6 mesi a 3 anni, la frode processuale, da 1 a 5 anni, la violenza, minaccia o resistenza a pubblico ufficiale, da 6 mesi a 5 anni.

Inoltre, l’esclusione dell’applicabilità della causa di non punibilità violerebbe anche l’articolo 27 comma 3 della Costituzione in quanto la disparità di trattamento frustra le esigenze rieducative correlate al trattamento sanzionatorio.

La Corte Costituzionale già con sentenza n. 207 del 2017 aveva suggerito un intervento del legislatore osservando che “oltre alla pena massima edittale, al di sopra della quale la causa di non punibilità non possa operare, potrebbe prevedersi anche una pena minima, al di sotto della quale i fatti possano comunque essere considerati di particolare tenuità”.

I Giudici della Consulta, ritenendo di poter condividere le argomentazioni avanzate dal Giudice rimettente, hanno quindi statuito come l’assoluta mitezza del minimo edittale rispecchi una valutazione legislativa di scarsa offensività e, pertanto, possa essere esclusa la punibilità per particolare tenuità del fatto anche in questi casi, ferma restando l’analisi inerente gli altri requisiti richiesti dalla legge.

Il legislatore fino ad ora non ha dato seguito al monito della Corte ma si auspica che nell’esercizio della sua ampia discrezionalità fissi un minimo relativo di portata generale, al di sotto del quale l’applicazione dell’esimente della tenuità del fatto non sia preclusa dall’entità del massimo edittale.

Avv. Fabio Ambrosio, Dott.ssa Martina Isella

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