Stalking condominiale

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La pronuncia della Corte di Appello di Milano in materia di stalking condominiale

Lo stalking nei rapporti tra vicini di casa l’art 612 bis c.p.

Lo stalking – atti persecutori – è disciplinato dall’art. 612 bis c.p. il quale punisce con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi, salvo che il fatto costituisca più grave reato

chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”. 

Tale fattispecie di reato, già affrontata ed approfondita nell’articolo stalking termine di querela, è stata utilizzata altresì per delineare la condotta degli atti persecutori nei confronti dei vicini di casa, andando a costituire la figura delittuosa specifica dello stalking condominiale. 

In merito alla configurabilità di tale fattispecie si è pronunciata di recente anche la Corte di Appello di Milano. 

La vicenda dello stalking condominiale

Nel caso in analisi l’imputato ha posto in essere delle condotte tali da costringere la parte civile costituita a:

  • modificare i propri orari di rientro in casa;
  • limitare l’accesso ai luoghi comuni del condominio per evitare di incontrarlo;
  • utilizzare scale e ascensore opposti rispetto alla propria abitazione.

Addirittura la persona offesa era costretta a trascorrere i fine settimana fuori città, alterando le proprie abitudini di vita, spinto da un grave stato di ansia e di paura.

In particolare, l’imputato ha più volte minacciato e molestato la vittima, seguendolo nei suoi spostamenti all’interno degli spazi condominiali al fine di aggredirlo non solo verbalmente, arrivando addirittura a minacce di morte, ma anche fisicamente.

Alle volte si recava in prossimità della porta di ingresso dell’appartamento della p.o. sbattendovi violentemente i pugni, generando ansia e paura a chi si trovava dall’altro lato all’interno dell’abitazione. 

A ciò si aggiungono dei dispetti volti a danneggiare la proprietà della vittima, consistiti nell’annaffiare con la pompa di irrigazione le finestre aperte guastando il parquet dell’abitazione, ovvero lanciano un uovo contro le pareti esterne. 

La condanna in primo grado emessa dal Tribunale di Milano

Il Tribunale di Milano, in primo grado, a seguito di rito ordinario, ha ritenuto l’imputato responsabile del reato previsto e punito all’articolo 612 bis c.p. per ciò che concerne gli atti persecutori e del delitto di lesioni personali aggravate perché commesse dal medesimo autore degli atti persecutori nei confronti della stessa persona offesa. 

L’agente, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche e ritenuta la continuazione, è stato quindi condannato alla pena dei mesi 8 di reclusione, con il riconoscimento del beneficio della sospensione condizionale della pena, oltre al pagamento delle spese processuali, nonché al risarcimento del danno nei confronti della parte civile costituita stimato in euro 4.000,00. 

L’appello proposto dalla difesa dell’imputato

Avverso la sentenza di primo grado la difesa dell’imputato ha proposto appello motivato sulla base dei seguenti elementi:

  • scarsa attendibilità della deposizione della persona offesa;
  • assenza del requisito dell’abitualità nelle proprie condotte, ritenendolo elemento essenziale per la configurazione del reato cui all’art. 612 bis c.p.;
  • inesistenza di prova relativa alla sussistenza di un reale mutamento delle abitudini di vita della vittima. 

Pertanto, la difesa ha chiesto l’assoluzione del proprio assistito perché il fatto non sussiste ovvero, in subordine, perché il fatto non costituisce reato. 

La decisione della Corte di Appello di Milano in materia di stalking condominiale

La Corte di Appello con sentenza del 08.06.2022 n. 4256 ha confermato la pronuncia del Tribunale emessa in primo grado nei confronti dell’imputato appellante, condannandolo al pagamento delle spese del grado nonché alla rifusione delle spese di proseguire difesa in favore della parte civile costituita. 

I motivi della decisione

La Corte ha ritenuto che l’appello non potesse trovare accoglimento in quanto i motivi a sostegno sono parsi “a tal punto generici da rasentarne l’inammissibilità”.

Il collegio ha infatti ricordato il consolidato orientamento della Corte di Cassazione in merito all’abitualità delle condotte tali da configurare il delitto ex art. 612 bis c.p., la quale statuisce che integrano il delitto di atti persecutori anche due sole condotte tra quelle descritte dall’articolo, come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice.

Il numero di condotte rilevanti per lo stalking

Infatti il delitto risulta integrare la fattispecie anche quando le singole condotte sono reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma. 

Pertanto, è l’atteggiamento persecutorio ad assumere specifica ed autonoma offensività ed è per l’appunto alla condotta persecutoria nel suo complesso che deve guardarsi per valutarne la tipicità, anche sotto il profilo della produzione dell’evento richiesto per la sussistenza del reato. 

Ciò che quindi rileva ai fini della configurabilità degli atti persecutori è la sequenza di atti ripetuti nel tempo idonei a creare nella persona offesa un accumulo di disagio volto a degenerare in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dall’art. 612 bis c.p. .

Le conseguenze rilevanti nel reato di stalking condominiale

Le condotte poste in essere dal reo devono giungere a: 

  • cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura 
  • ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona al medesimo legata da relazione affettiva 
  • costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. 

Il Collegio specifica, servendosi di una pronuncia della Suprema Corte, che ai fini dell’individuazione dell’evento cambiamento delle abitudini di vita, occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita in cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate. 

In conclusione, a sostegno di quanto sopra riportato, la Corte di Appello di Milano afferma come la persona offesa avesse dato ampia prova dell’entità del cambiamento delle proprie abitudini.

Infatti ha dimostrato come evitasse in tutti i modi di incontrare l’imputato modificando i propri orari di entrata e uscita dalla propria abitazione casa e cercando di abitarvi il meno possibile, ad esempio allontanandosi nel fine settimana per trascorrerlo altrove.

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