Borseggiatrici a Milano: niente carcere?

Borseggiatrici in metropolitana a Milano: come evitano il carcere?

ATM: il luogo di lavoro delle borseggiatrici a Milano

È da tempo nota la circostanza per la quale la metropolitana è il luogo ove si verificano furti in grande quantità.

Distrazione delle persone, che si spostano freneticamente, leggerezza dei turisti distratti, il sovraffollamento dei mezzi nelle ore di punta, sono i fattori che favoriscono i borseggiatori.

A ciò indubbiamente si aggiunge la destrezza di veri e propri professionisti del crimine.

Negli ultimi anni, però, si è amplificata notevolmente la rete di borseggiatori e borseggiatrici che percorrono le linee della Metro di Milano e talvolta anche i mezzi di superficie.

In particolare, per la loro perseveranza, un gruppo di donne incinte o con figli molto piccoli a carico, pluri-segnalate alle Forze dell’Ordine, si aggirano sui mezzi di trasporto con l’intento di rubare.

Il modus operandi e la perseveranza delle borseggiatrici

Si avvicinavano alla vittima, sfilano il portafogli e consegnano, nella maggior parte dei casi, il bottino ad un “collega” che si allontana autonomamente.

Così facendo, chi ha commesso il furto prosegue il suo lavoro indisturbato, risultando pulito qualora dovesse essere fermato.

Sebbene l’oggetto dei loro furti, tentati o consumati, siano i portafogli delle persone, ciò che realmente è di loro interesse sono i contanti.

Infatti, i borsellini, così come il loro contenuto (documenti, bancomat, carte di credito ecc) spesso vengono ritrovati nella spazzatura o sui distributori automatici della metropolitana.

Oltre al danno la beffa: senza contanti e senza documenti.

Sembrerebbero tutti noti alle forze dell’ordine, eppure continuano indisturbati.

Le Forze dell’Ordine, invero, sono in grado di riconoscere singolarmente tutte le componenti di questo gruppo di borseggiatori

Anche i cittadini milanesi si sono adoperati utilizzando il mezzo dei Social Network, ove girano “foto segnaletiche”.

Com’è possibile, però, che questo gruppo di borseggiatori sia ancora a piede libero?

La fattispecie di reato applicabile: il furto

Il furto è un delitto disciplinato dall’art. 624 del Codice Penale:
Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516.
Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico .
Il delitto è perseguibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra una o più delle circostanze di cui agli articoli 61, n. 7 e 625”
.

Nel caso di specie, le condotte poste in essere dalle borseggiatrici sono per lo più disciplinate dall’articolo 624bis c.p.: “chi si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, strappandola di mano o di dosso alla persona”.

La pena per chi commette tale reato è “la reclusione da quattro a sette anni e la multa da euro 927 a euro 1500”.

La pena può essere aumentata ulteriormente, ai sensi del terzo comma: “la pena è della reclusione da cinque a dieci anni e della multa da euro 1000 a euro 2500 se il reato è aggravato da una o più delle circostanze (primo comma dell’articolo 625 o le circostanze indicate nell’articolo 61)”.

Le circostanze aggravanti delle borseggiatrici della metropolitana a Milano

Il furto è un reato per il quale il legislatore ha previsto delle circostanze aggravanti specifiche, contenute nell’art. 625 c.p., oltre a quelle generali previste dall’art. 61 c.p. .

Nel caso di specie le modalità rilevanti per le borseggiatrici sono previste nel primo comma, n. 4 e n. 8-bis, dell’art. 625 c.p., il quale appunto dispone che “la pena per il fatto previsto dall’art. 624 è della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 927 a euro 1500: […]
4) se il fatto è commesso con destrezza;
8-bis) se il fatto è commesso all’interno di mezzi di pubblico trasporto” .

Alla previsione di cui sopra si aggiunge anche quella del secondo comma del presente articolo:
“Se concorrono due o più delle circostanze prevedute dai numeri precedenti, ovvero se una di tali circostanze concorre con altra fra quelle indicate nell’articolo 61, la pena è della reclusione da tre a dieci anni e della multa da euro 206 a euro 1.549”.

Lo sfruttamento di alcune condizioni per evitare il carcere

Giornali e telegiornali ci raccontano di borseggiatrici in stato di gravidanza che, pur commettendo tantissimi furti, evitano il carcere. Come è possibile?

La ragione è principalmente insita nel nostro Codice di procedura penale e nel Codice Penale.

L’art. 275 c.p.p.: criteri di scelta delle misure cautelari

Va anzitutto analizzato l’art. 275 c.p.p. il quale, nella parte finale, prevede il caso in cui l’indagato o l’imputato versi in particolari condizioni di età e/o di salute.

Infatti, non può essere disposta la custodia cautelare in carcere nei confronti di una donna incinta o madre con figli di età non superiore ai 6 anni.

E’ anche vietato il carcere per il padre, se la madre è deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza ai figli.

Lo stesso divieto è previsto per persona maggiore di anni 70, di soggetti affetti da aids o grave deficienza immunitaria o, comunque, malattia con condizioni di salute incompatibili con il carcere.

Le esigenze cautelari di eccezionale rilevanza per evitare il carcere

Tuttavia, il carcere preventivo può essere previsto in caso di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

Ed ancora, possono essere condotte in carcere persone imputate o sottoposte ad altra misura per un delitto per il quale sia previsto l’arresto in flagranza.

Se ci sono eccezionali esigenze, ma non è possibile evitare danni alla salute, il Giudice dispone la misura dei domiciliari presso un luogo di cura o un centro di accoglienza.

La fase esecutiva – niente carcere: il rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena

In tale caso ci troviamo davanti ad una sentenza passata in giudicato, la pena è stata quindi stabilita e deve essere eseguita.

Abbiamo giù avuto modo di trattare le misure alternative alla pena detentiva che seguono una condanna definitiva.

L’art. 146 c.p. “Rinvio obbligatorio dell’esecuzione della pena”, prevede che “l’esecuzione di una pena è differita:

1) se deve aver luogo nei confronti di donna incinta;

2) se deve aver luogo nei confronti di madre di infante di età inferiore ad anni uno”.

La ratio di tale norma si ravvisa nell’esigenza di tutelare il diritto alla salute del condannato, garantito dagli articoli 27 e 32 della Costituzione.

La situazione delle borseggiatrici nella città di Milano

Milano, insieme a Roma, è una delle città più colpite dal fenomeno delle borseggiatrici.

Ad aumentare il senso di sfiducia dei cittadini ci hanno pensato due Circolari della Procura di Milano.

Nelle stesse, infatti, viene chiesto a Polizia e Carabinieri di sospendere l’esecuzione di condanne definitive saltando i passaggi tra carcere e procura:
“… in caso di donna incinta o di madre di infante gli operanti dovranno sospendere l’esecuzione (della carcerazione) […] il condannato verrà lasciato in stato di libertà in attesa che il magistrato valuti il da farsi”.

La petizione dei cittadini milanesi contro le borseggiatrici

Un gruppo di cittadini, ormai stanchi, ha realizzato una raccolta firme volta a modificare la circolare della Procura di Milano per le borseggiatrici.

La petizione ha raccolto quasi 13 mila firme e non è passata di certo inosservata.

La risposta della Procura di Milano

La Procura di Milano, ha specificato che le “la disposizione prevista dall’articolo 146 c.p., sebbene obbligatoria, dev’essere interpretata nel senso che il magistrato di Sorveglianza deve bilanciare tutela dei diritti del detenuto (e del minore) e la tutela delle esigenze della collettività”.

Quindi, “il magistrato di Sorveglianza può adottare il differimento ‘secco’ ex articolo 146 c.p. ma può anche disporre la detenzione domiciliare c.d. umanitaria in domicilio idoneo o la detenzione domiciliare speciale (anche in istituto a custodia attenuata)”.

Significa che la decisione è di competenza del giudice di Sorveglianza.

Dunque, le forze dell’ordine devono procedere all’esecuzione degli ordini di carcerazione emessi dalla Procura di Milano per sentenze di condanna definitiva, anche nelle ipotesi di possibile sussistenza di una causa oggettiva di rinvio obbligatorio ex art. 146 c.p. .

È una modifica importante per l’operato delle forze di polizia sul territorio, che va a sostituire la precedente circolare e che mira ad attenuare il fenomeno dei borseggi, non consentendo più di sfruttare la loro “particolare” condizione per continuare a delinquere liberamente.