Revisione del processo: il caso della strage di Erba
Olindo Romano e Rosa Bazzi sono stati condannati in via definitiva all’ergastolo per la strage di Erba, avvenuta il 12 dicembre 2006. Il delitto, che ha causato la morte di quattro persone, ha suscitato grande scalpore mediatico e ha portato a una serie di controversie, ancora oggi irrisolte. Oggi la revisione del processo: il caso della strage di erba.
La decisione della Corte di Appello di Brescia sulla strage di Erba: confermato l’ergastolo per Rosa e Olindo
I Giudici della Corte di Appello di Brescia si sono pronunciati sull’istanza di revisione del giudicato.
La Corte avrebbe dovuto stabilire:
- quali nuove fonti di prova sarebbero potute entrare nell’eventuale futuro processo;
- se ammettere tutte le prove richieste;
- se ammettere solo alcune prove richieste;
- se non ammettere alcuna prova tra quelle indicate dal Procuratore Generale nonchè dalla difesa dei due condannati.
I Magistrati hanno rigettato le istanze non ammettendo alcuna delle nuove prove proposte.
La sentenza ha confermato quanto già affermato nei provvedimenti di cognizione, primo grado e di appello, e da utlimo quello della Corte di Cassazione del 2011.
Pertanto, non ci sarà un nuovo processo: Rosa e Olindo continueranno a scontare la pena dell’ergastolo.
I rimedi esperibili contro la decisione
Avverso la sentenza pronunciata dalla Corte di Appello di Brescia i difensori dei signori Bazzi e Romano, una volta letta la motivazione del provvedimento, potranno proporre Ricorso per Cassazione ai sensi dell’art. 640 c.p.p. .
Ad ogni modo, non sarà pregiudicato il diritto dei sigg.ri Bazzi e Romano di riproporre una nuova revisione.
Infatti, l’art. 641 del codice di rito dispone come “l’ordinanza che dichiara inammissibile la richiesta o la sentenza che la rigetta non pregiudica il diritto di presentare una nuova richiesta fondata su elementi diversi“.
Il fatto di cronaca: la strage di erba
Nella notte del 12 dicembre 2006, a Erba, in provincia di Como, quattro persone sono state uccise a colpi di coltello e spranga: Raffaella Castagna, Youssef Marzouk, Paola Galli e Valeria Cherubini. Tra le vittime della strage si sarebbe dovuto aggiungere anche Mario Frigerio, il marito della signora Cherubini, il quale si è miracolosamente salvato grazie ad una malformazione congenita alla carotide che gli ha impedito di morire dissanguato.
La stessa notte, dopo le aggressioni, il colpevole appicca un incendio nell’appartamento. Per tale ragione saranno infatti i vigili del fuoco a trovare i corpi delle vittime.
Le indagini
Le indagini si concentrano inizialmente su Azouz Marzouk, il marito di Raffaella e il padre del piccolo Youssef, ma il suo alibi è solido: si trovava in Tunisia dai suoi genitori.
Scartato Azouz Marzouk, l’attenzione degli inquirenti si concentra sui coniugi Romano, che avevano avuto dei dissidi con la famiglia Castagna.
Gli elementi fondanti della condanna e la loro contradditorietà
La condanna dei coniugi Romano si basa su tre elementi principali:
- Il riconoscimento dell’unico superstite, Mario Frigerio, che ha indicato Olindo Romano come suo aggressore.
- La macchia di sangue di Valeria Cherubini rinvenuta sull’auto di Olindo Romano.
- Le confessioni rese dai coniugi Romano, poi ritrattate.
Il riconoscimento di Mario Frigerio
Frigerio, in un primo momento, descrive il suo aggressore come un uomo alto con pelle olivastra, capelli folti e neri e con la mascella grossa. Successivamente, dopo le interazioni con gli inquirenti, riconosce in Olindo Romano il suo aggressore.
La difesa contesta la veridicità del riconoscimento, sostenendo che sia stato frutto di un falso ricordo indotto dagli inquirenti. In particolare, si argomenta che Frigerio in quel momento era gravemente provato, aveva subito un’intossicazione da monossido di carbonio, ed era anche traumatizzato per la situazione vissuta, quindi non sarebbe stato in grado di fornire una testimonianza attendibile.
La macchia di sangue di Valeria Cherubini
Una piccola macchia di sangue sul battitacco dell’auto di Olindo Romano è stata identificata come appartenente a Valeria Cherubini.
La difesa contesta la validità di questa prova, sostenendo che la macchia potrebbe essere stata contaminata durante le operazioni di indagine.
Le confessioni dei coniugi Romano
I coniugi Romano, dopo il riconoscimento di Mario Frigerio, confessano il delitto. Rosa Bazzi si assume integralmente la responsabilità del delitto, mentre Olindo Romano aggiunge numerosi dettagli alla versione di Rosa.
La difesa contesta la veridicità delle confessioni, sostenendo che siano state indotte dagli inquirenti e che siano piene di errori.
La richiesta di revisione del processo
Nel 2023, il sostituto procuratore generale di Milano, Cuno Tarfusser, ha presentato richiesta di revisione del processo. La richiesta è stata accolta dalla Corte d’appello di Brescia, che ha fissato l’udienza per il 1° marzo 2024.
La revisione del processo potrebbe portare a una nuova sentenza, che potrebbe assolvere i coniugi Romano o confermare la condanna
Le motivazioni della richiesta di revisione nella strage di erba
La richiesta di revisione si basa su due principali motivi:
- La mancanza di prove solide a carico dei coniugi Romano. Il riconoscimento dell’unico superstite, Mario Frigerio, è stato contestato dalla difesa, che ha sostenuto che sia stato frutto di un falso ricordo indotto dagli inquirenti. La macchia di sangue di Valeria Cherubini rinvenuta sull’auto di Olindo Romano è stata contestata dalla difesa, che ha sostenuto che possa essere stata contaminata. Le confessioni dei coniugi Romano sono state contestate dalla difesa, che ha sostenuto che siano state indotte dagli inquirenti;
- L’esistenza di nuove prove che potrebbero scagionare i coniugi Romano. La richiesta di revisione si basa su nuovi testimoni e consulenze tecniche che, secondo il sostituto procuratore generale Tarfusser, potrebbero dimostrare l’innocenza dei coniugi Romano.
Le polemiche sulla richiesta di revisione per la strage di erba
La richiesta di revisione del processo ha suscitato numerose polemiche. Il sostituto procuratore generale Tarfusser è stato accusato di aver violato i doveri di correttezza, equilibrio e imparzialità, e di avere violato il regolamento interno all’ufficio. Infatti, il sostituto procuratore avrebbe agito di sua iniziativa, senza informare i vertici ed interfacciandosi in autonomia con i difensori dei coniugi Romano.
Revisione del giudicato penale: cos’è e come funziona?
La revisione del giudicato penale è un mezzo di impugnazione straordinario previsto dagli articoli 629-642 del codice di procedura penale. È un istituto tassativo, il che significa che può essere ammesso solo nei casi espressamente previsti dalla legge.
I casi di revisione
La revisione può essere richiesta in quattro casi:
- Se i fatti posti a fondamento di una sentenza di condanna sono incompatibili con quelli stabiliti da un’altra sentenza penale irrevocabile (art. 630, comma 1, c.p.p.);
- Se la sentenza di condanna si basa su una sentenza del giudice civile o amministrativo che è stata successivamente revocata (art. 630, comma 2, c.p.p.);
- Se dopo la condanna vengono acquisite nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto (art. 631, comma 1, c.p.p.);
- Se è dimostrato che la condanna venne pronunciata in conseguenza di falsità in atti o in giudizio o di un altro fatto previsto dalla legge come reato (art. 631, comma 2, c.p.p.).
I soggetti legittimati a chiedere la revisione
La revisione può essere richiesta dal condannato, dal suo prossimo congiunto, dalla persona che ha sul condannato l’autorità tutoria, dall’erede o da un prossimo congiunto del condannato. Può essere richiesta anche dal Procuratore Generale presso la Corte di Appello nel cui distretto fu pronunciata la sentenza di condanna.
Come funziona la revisione
La richiesta di revisione deve essere presentata alla Corte di Appello nel cui distretto fu pronunciata la sentenza di condanna. La Corte di Appello decide se ammettere o meno la revisione. Se la revisione è ammessa, si svolge un nuovo processo davanti alla Corte di Cassazione.
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La revisione del giudicato penale è un istituto complesso e articolato. È importante rivolgersi a un avvocato specializzato per valutare la possibilità di richiederla.
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