Confisca e sorveglianza: interviene CEDU

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Confisca di beni e sorveglianza speciale: la Corte EDU interroga l’Italia

Un caso concreto (Cavallotti contro Italia) per mettere alla prova il sistema di prevenzione italiano

La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha posto una serie di domande all’Italia in merito alla confisca di beni e alla sorveglianza speciale applicate a diversi ricorrenti ai sensi del decreto legislativo n. 159/2011 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione). Confisca e sorveglianza: interviene la CEDU.

Le questioni sollevate dalla Corte riecheggiano le perplessità espresse nell’ordinanza “Cavallotti” (CEDU, Sezione IV, Ordinanza del 2 agosto 2023, caso Cavallotti c. Italia), evidenziando le criticità del sistema di prevenzione italiano in materia di:

1. Confusione tra prove e sospetti

La Corte chiede se la confisca dei beni si basava su “valutazioni oggettive” e “prove fattuali” (Art. 1 Protocollo n. 1 alla Convenzione EDU) o su meri “sospetti”.

Si richiama la necessità di una valutazione individualizzata della sproporzione tra beni e redditi (Corte di Cassazione, sentenze 3 luglio 1996, n. 18, 8 gennaio 2006, n. 57, n. 39204 del 17 maggio 2013 e n. 4880 del 2 febbraio 2015; contro sentenza n. 14044 del 25 marzo 2013) e di una dimostrazione motivata dell’appartenenza dei beni ai ricorrenti (CEDU, Grande Camera, Sentenza del 23 febbraio 2017, caso De Tommaso c. Italia, n. 43395/09).

2. Inversione dell’onere della prova

La Corte chiede se ai ricorrenti è stata data la possibilità di esporre le proprie argomentazioni e se le loro prove sono state debitamente esaminate (Art. 6 § 1 della Convenzione EDU).

3. Mancanza di garanzie

La Corte verifica se le disposizioni di legge applicate siano sufficientemente precise e prevedibili, e compatibili con lo Stato di diritto (Art. 7 della Convenzione EDU).

4. Natura della confisca

La Corte dubita che la confisca di prevenzione possa essere considerata una “misura di sicurezza” e non una “sanzione” (Art. 7 § 1 della Convenzione EDU), con implicazioni rilevanti in ottica di garanzie processuali (CEDU, Grande Camera, Sentenza del 28 giugno 2018, caso GIEM SRL e altri c. Italia, nn. 1828/06 e altri 2).

5. Presunzione di innocenza

La Corte verifica se le decisioni dei tribunali nazionali implichino una presunzione di colpevolezza del ricorrente in assenza di una condanna penale definitiva (Art. 6 § 2 della Convenzione EDU).

Analisi del caso concreto

Le domande formulate dalla Corte EDU assumono un valore ancora più pregnante se calate nel contesto del caso concreto.

Ricorso cedu

1. Proporzionalità della confisca

La Corte chiede se la confisca di tutti i beni dei ricorrenti fosse proporzionata rispetto al loro reddito legale (Art. 1 Protocollo n. 1 alla Convenzione EDU).

Si analizza se le autorità nazionali abbiano considerato adeguatamente le argomentazioni dei ricorrenti (CEDU, Sezione IV, Sentenza del 15 gennaio 2015, caso Rummi c. Estonia, n. 63362/09).

2. Legittimità della sorveglianza speciale

La Corte verifica se la misura della sorveglianza speciale fosse conforme alla legge (Art. 2 Protocollo n. 4 alla Convenzione EDU) e se vi era un giusto equilibrio tra esigenze di sicurezza e diritti individuali (CEDU, Sezione IV, Sentenza del 13 luglio 2021, caso Todorov e altri c. Bulgaria, nn. 50705/11 e altri 6).

3. Confisca come “sanzione”

La Corte esamina la natura giuridica della confisca, considerando se essa integri una “sanzione” ai sensi della Convenzione EDU (Art. 7 § 1 della Convenzione EDU), con implicazioni rilevanti in ottica di garanzie processuali (CEDU, Grande Camera, Sentenza del 28 giugno 2018, caso GIEM SRL e altri c. Italia, nn. 1828/06 e altri 2).

In particolare, la Corte verifica se la confisca di prevenzione:

  • Presenta le caratteristiche di una “sanzione”, in quanto applicata in risposta a un comportamento considerato socialmente dannoso, anche in assenza di una condanna penale definitiva.
  • Rispetta i principi di legalità, prevedibilità e proporzionalità, propri delle “sanzioni” ai sensi della Convenzione EDU.
  • Prevede adeguate garanzie processuali, tra cui il diritto di essere informati dell’accusa, di difendersi e di essere giudicati da un tribunale indipendente e imparziale.

4. Presunzione di innocenza

La Corte verifica se le decisioni dei tribunali nazionali implichino una presunzione di colpevolezza del ricorrente in assenza di una condanna penale definitiva (Art. 6 § 2 della Convenzione EDU). In particolare, la Corte esamina se:

  • Le disposizioni di legge e la prassi applicativa presuppongono la colpevolezza del soggetto fino a prova contraria.
  • L’onere della prova ricade sul ricorrente, che deve dimostrare la sua innocenza per evitare la confisca dei beni.
  • Il sistema di prevenzione italiano offre adeguate garanzie per tutelare la presunzione di innocenza, come il diritto al contraddittorio e l’obbligo di motivazione delle decisioni.

5. Impatto del caso Cavallotti

Le questioni sollevate dalla Corte EDU nel caso Cavallotti assumono una portata generale, investendo l’impianto stesso del sistema di prevenzione italiano.

La risposta alle domande formulate dalla Corte sarà un banco di prova per valutare l’effettiva efficacia e l’equità del sistema di prevenzione italiano alla luce dei principi europei.

Il caso Cavallotti rappresenta un’occasione per avviare un serio ripensamento del sistema di prevenzione italiano, al fine di renderlo compatibile con i principi europei e di tutelare adeguatamente i diritti individuali.

Prospettive future dopo le richieste della CEDU

L’esito del caso avrà un impatto significativo sull’utilizzo del sistema di prevenzione italiano, con possibili ripercussioni sulla lotta alla criminalità organizzata e sulla tutela dei diritti individuali.

Il dibattito pubblico acceso dal caso Cavallotti e dalle perplessità della Corte EDU è un’occasione preziosa per approfondire le criticità del sistema e per delineare una riforma che lo renda più efficace, equo e garantista.


Il caso concreto sottoposto all’attenzione della Corte EDU rappresenta un momento di svolta nella riflessione sul sistema di prevenzione italiano. Le perplessità sollevate dalla Corte impongono un serio ripensamento di questo sistema, al fine di renderlo compatibile con i principi europei e di tutelare adeguatamente i diritti individuali.

Efficacia e impatto sociale

L’esito del caso avrà un impatto significativo sull’utilizzo del sistema di prevenzione italiano, con possibili ripercussioni sulla lotta alla criminalità organizzata e sulla tutela dei diritti individuali.

Il caso “Cavallotti” e le perplessità della Corte EDU hanno acceso un acceso dibattito pubblico sul sistema di prevenzione italiano. La discussione in corso è un’occasione preziosa per approfondire le criticità del sistema e per delineare una riforma che lo renda più efficace, equo e garantista.

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