Riparazione per ingiusta detenzione sostanziale
La prima ipotesi di riparazione per ingiusta detenzione è di tipo sostanziale (art. 314 co. 1 c.p.p.): il diritto all’equa riparazione del danno derivante dall’ingiusta detenzione spetta all’imputato che sia stato assolto per motivi completamente liberatori in punto di responsabilità.
Insomma, l’imputato era innocente.
In tal caso è richiesta una sentenza irrevocabile di assoluzione con uno dei seguenti dispositivi:
- perché il fatto non sussiste;
- perché l’imputato non l’ha commesso;
- perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.
Il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione è riconosciuto anche nel caso di sentenza di non luogo a procedere pronunciata al termine dell’udienza preliminare e di provvedimento di archiviazione emesso all’esito delle indagini preliminari.
Per quanto concerne l’archiviazione, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione è riconosciuta in tutti i casi in cui è consentita l’archiviazione.
E’ riconosciuta anche quando manca una condizione di procedibilità, ossia quando il reato è estinto o il fatto non è previsto dalla legge come reato (art. 411 c.p.p.), sia nel caso di archiviazione per infondatezza della notizia di reato (art. 408 c.p.p.).
La riparazione per ingiusta detenzione formale
La riparazione per ingiusta detenzione può essere anche di tipo formale (art. 314 co. 2 c.p.p.), che si configura quando la custodia cautelare viene applicata illegittimamente, indipendentemente dall’esito del processo a carico dell’imputato.
In questo caso, il diritto all’equa riparazione spetta sia all’imputato prosciolto per qualsiasi causa, sia all’imputato condannato.
È sufficiente che la custodia sia formalmente illegittima e non rileva che essa fosse giustificata dal punto di vista sostanziale.
Il diritto all’equa riparazione per l’ingiusta detenzione subita richiede che sia stato accertato con decisione irrevocabile che il provvedimento custodiale è stato emesso senza le condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 c.p.p (ossia mancanza dei gravi indizi di colpevolezza o non punibilità del delitto addebitato perché estinto per prescrizione o perché il delitto addebitato è punibile con pena che non consente la custodia cautelare).
Insomma, la restrizione della libertà personale deve avvenire per degli errori di procedura.
Quando non è possibile richiedere l’ingiusta detenzione?
Il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione non si applica alla parte di custodia cautelare che è stata già considerata nella determinazione della pena detentiva per l’imputato condannato.
Il diritto alla riparazione è, altresì, escluso se l’imputato ha causato o contribuito in modo grave all’ingiusta custodia cautelare.
La colpa (diversa dal concetto di “colpa penale”) che esclude l’indennizzo si riferisce alla violazione di regole o a una condotta molto negligente o imprudente che potrebbe portare all’applicazione di una misura restrittiva della libertà personale da parte dell’autorità giudiziaria.
La prevedibilità si riferisce alla prevedibilità oggettiva della condotta e non al giudizio di prevedibilità del singolo agente.
Il giudice deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili per determinare se l’imputato ha causato o contribuito all’ingiusta detenzione e la sua valutazione è autonoma rispetto al giudice del processo penale.
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