Associazione per delinquere: misure coercitive

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Misure coercitive per associazione per delinquere: la sussistenza delle esigenze cautelari

Premessa

L’articolo in esame affronta la tematica della sussistenza delle esigenze cautelari in tema di misure coercitive disposte per il reato associativo “semplice” di cui all’art. 416 cod. pen.

Il quadro normativo per l’applicazione delle misure coercitive all’associazione per delinquere

Il codice di procedura penale italiano prevede diverse misure cautelari, coercitive e interdittive, che possono essere applicate all’indagato in caso di gravi indizi di colpevolezza e di sussistenza di esigenze cautelari.

Le misure coercitive

Le misure coercitive limitano la libertà personale dell’indagato e sono disciplinate dagli artt. 280 e ss. c.p.p. e sono:

  • La custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.);
  • Gli arresti domiciliari (art. 284 c.p.p.);
  • Il divieto di dimora (art. 283 c.p.p.);
  • L’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (art. 282 c.p.p.).

Le esigenze cautelari per l’applicazione delle misure coercitive

Le esigenze cautelari che possono giustificare l’applicazione di una misura coercitiva sono disciplinate dall’art. 274 c.p.p. e sono:

  • Il pericolo di fuga (art. 274 lett. a) c.p.p.);
  • Il pericolo di inquinamento delle prove (art. 274 lett. b) c.p.p.);
  • Il pericolo di reiterazione del reato (art. 274 lett. c) c.p.p.).

Il pericolo di reiterazione del reato nell’associazione per delinquere

In tema di associazione per delinquere semplice, il pericolo di reiterazione del reato non può essere presuntivo, ma deve essere provato in concreto.

Il giudice deve valutare se, alla luce del tempo trascorso dalle condotte contestate e delle circostanze del caso concreto, sussista il rischio che l’indagato commetta altri reati.

In tema di misure coercitive disposte per il reato associativo di cui all’art. 416 cod. pen., la sussistenza delle esigenze cautelari, rispetto a condotte esecutive risalenti nel tempo, deve essere desunta da specifici elementi di fatto idonei a dimostrarne l’attualità.

  • Tale fattispecie associativa è qualificata unicamente dai reati fine e non postula necessariamente l’esistenza dei requisiti strutturali e delle peculiari connotazioni del vincolo associativo previste per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.;
  • Di conseguenza, risulta ad essa inapplicabile la regola di esperienza, elaborata per quest’ultimo, della tendenziale stabilità del sodalizio, in difetto di elementi contrari attestanti il recesso individuale o lo scioglimento del gruppo.

Cosa significa?

  • Il pericolo di reiterazione del reato non può essere presuntivo, ma deve essere provato in concreto;
  • Il giudice deve valutare se, alla luce del tempo trascorso dalle condotte contestate e delle circostanze del caso concreto, sussista il rischio che l’indagato commetta altri reati.

Esempio concreto

In un caso in cui l’indagato è stato accusato di aver partecipato ad un’associazione per delinquere, finalizzata all’immigrazione clandestina, il giudice, per disporre la custodia cautelare in carcere, non può limitarsi a richiamare la presunzione di pericolosità derivante dalla natura del reato.

Dovrà invece:

  • Accertare se l’indagato abbia ancora contatti con gli altri sodali;
  • Valutare se l’indagato abbia la capacità e la volontà di commettere altri reati;
  • Considerare le circostanze personali dell’indagato, come il suo lavoro, la sua famiglia e il suo domicilio.

Fattori da considerare nella valutazione dell’applicazione delle misure coercitive

Nella valutazione del pericolo di reiterazione del reato, il giudice deve considerare una serie di fattori, tra cui:

  • La natura del reato;
  • La gravità del reato;
  • Il modus operandi;
  • La personalità dell’indagato;
  • Le sue circostanze personali;
  • I suoi precedenti penali.

La giurisprudenza

La giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di associazione per delinquere semplice, il pericolo di reiterazione del reato può essere desunto da:

  • La partecipazione dell’indagato ad attività delittuose;
  • Il suo ruolo all’interno dell’associazione;
  • La sua capacità di commettere altri reati;
  • La sua pericolosità sociale.

La valutazione del pericolo di reiterazione del reato in tema di associazione per delinquere semplice deve essere condotta, quindi, con estrema cautela.

Il giudice deve:

  • Da un lato, tutelare la collettività dal pericolo di reiterazione del reato.
  • Dall’altro, evitare di disporre misure cautelari eccessivamente afflittive in assenza di concreti elementi di pericolosità nell’attualità.

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In alcuni casi, lo Studio è riuscito a ottenere l’annullamento delle misure cautelari in sede di riesame o di Cassazione.

In altri casi, lo Studio ha ottenuto la sostituzione delle misure cautelari con misure meno afflittive, come gli arresti domiciliari o il divieto di dimora.

La valutazione delle esigenze cautelari in tema di associazione per delinquere è un’operazione complessa che richiede un’attenta analisi del caso concreto.

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